Azione unitaria del CGIE: un'inderogabile necessità (17 dicembre
2004)
Il CGIE, nella sua ultima Assemblea plenaria ai primi di dicembre, ha
lavorato con convinzione e serietà, consapevole della sua responsabilità
nei confronti dei 4 milioni di italiani all’estero delle cui istanze è
l’espressione di sintesi.
Si trattava, in realtà, della prima vera riunione operativa, poiché
nello scorso mese di luglio l’Assemblea plenaria era servita ai
Consiglieri, rinnovati in gran parte, per prendere coscienza della
notevole mole di problemi che erano in discussione ormai da anni, per
organizzare e programmare il lavoro che dovrà essere svolto per
ricercare soluzioni concrete ed idonee.
Ciascuna Commissione, sia quelle Continentali che quelle tematiche,
hanno prodotto documenti finali, sintesi delle lunghe e laboriose
discussioni e, al termine delle cinque giornate di lavoro sono stati
presentati ben 16 ordini del giorno su svariati argomenti.
Tuttavia fin dalle prime battute dei lavori aleggiava una penosa
sensazione: si aveva infatti l’impressione di lavorare per se stessi, di
dialogare con sordi e muti, di veder cadere nell’indifferenza i problemi
esaminati e le soluzioni proposte.
Il sospetto che il CGIE rimanga un organo sostanzialmente autoreferente,
che dialoga per se stesso e su se stesso, senza alcun ancoraggio alle
istituzioni cui si rivolge, appare sempre più fondato, insieme alla
spiacevole percezione che esso, entrato ormai in periodo preelettorale
in vista delle prossime elezioni politiche, stia per diventare un arengo
in cui gli ambiziosi guardano più ai loro interessi personali che a
quelli delle comunità che rappresentano, con uno sfoggio crescente di
demagogia, che allontana e rende difficile un lavoro serio di ricerca di
soluzioni concrete.
A questa sgradevole impressione si aggiunge, oggettivamente, un silenzio
davvero assordante da parte delle istituzioni: i documenti prodotti
dovrebbero essere letti, compresi ed avere riscontri da parte degli
organismi di governo cui sono indirizzati.
Invece le risposte non giungono (o non vengono sollecitate) : anche se
brutalmente critiche, esse consentirebbero di affinare il lavoro, di
ricominciarlo se necessario, di scontrarsi e dialogare. L’indifferenza
annulla la volontà di fare, il muro di gomma fa apparire inutile ogni
sforzo.
Ma forse è proprio questo che si vuole: opporre l’immobilismo di una
palude che tutto inghiotte senza far riemergere nulla al desiderio di
agire, di trasformare, di migliorare.
Si prendano ad esempio i due ordine del giorno relativi alla riapertura
del Consolato Generale a Tangeri e all’apertura di Consolati Generali in
alcuni Paesi dell’America Latina: essi rispondono a reali esigenze delle
comunità locali ed in particolare il primo è stato già presentato in due
precedenti occasioni nel corso del 2003, con approvazione unanime della
Commissione continentale competente.
Non è stata data alcuna risposta, forse con la speranza che l’argomento,
a lungo andare, venga dimenticato e così risolto. Voci di corridoio
lasciano intendere che serie difficoltà di ordine economico impediscano
una soluzione ai problemi rappresentati: il CGIE non può accontentarsi
di voci, deve pretendere ed ottenere risposte dirette dagli organismi
interessati alla soluzione dei problemi.
Tuttavia il CGIE deve anche essere in grado di recepire le esigenze ed i
bisogni delle comunità, nella loro diversa collocazione nelle varie
parti del mondo: cioè i consiglieri, in Assemblea Plenaria, sono
chiamati a valutare i problemi esistenti nelle varie Aree Continentali e
queste valutazioni non riflettono ovviamente le situazioni dei singoli
consiglieri nei rispettivi Paesi di residenza.
L’assistenza sanitaria, ad esempio, è uno di quei problemi cui sono
particolarmente sensibili i cittadini italiani residenti all’estero in
Paesi le cui strutture sono fatiscenti.
Sul sito Internet del Ministero della Sanità si può leggere che “essa è
assicurata, con la legge che ha dato vita al Servizio sanitario
nazionale, a tutti i cittadini che hanno la residenza in Italia.
“Di conseguenza, fatta eccezione per i casi sotto indicati, è regola
generale, che tutti coloro che trasferiscono la residenza dall’Italia
verso un altro Stato perdono il diritto all’assistenza sanitaria, sia in
Italia che all’estero, e ciò avviene automaticamente all’atto della
cancellazione presso l’anagrafe comunale.
“L’iscrizione all’AIRE (anagrafe degli italiani residenti all’estero) o
il diritto di voto in Italia non aprono un diritto illimitato
all’assistenza sanitaria in Italia se non entri i limiti descritti più
in avanti”.
In occasione di un eventuale rientro in Italia essa può essere erogata
“con la esibizione di una dichiarazione del Consolato italiano del luogo
dove si risiede, che attesti lo status di emigrati. L’assistenza
sanitaria viene concessa per un periodo di tempo non superiore ai 90
giorni, anche cumulabili, per anno solare.”
Le norme sopraccitate traggono origine e riferimento dalla legge n. 833
del 23/12/1978 - art. 19 e dal decreto del Ministero della Sanità emesso
con il concerto del Ministero del Tesoro in data 01/02/1996 - Art. 2 -
comma II - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 119 del 23/05/1996.
Un ordine del giorno, presentato dallo scrivente quale Consigliere del
CGIE, si proponeva di eliminare la discriminazione fra “cittadini
italiani residenti” e “non residenti” e di consentire l’assistenza
sanitaria senza limiti temporali agli italiani residenti all’estero che
rientrano temporaneamente in Italia.
Questa la formulazione dell’Odg :
ASSEMBLEA PLENARIA
(Roma, 7-10 dicembre 2004)
ORDINE DEL GIORNO n. 5
Presentato da: Franco Santellocco
Prestazione Sanitaria
Ricordato che il diritto all’assistenza sanitaria per i cittadini
italiani, titolari di pensione corrisposta da Enti previdenziali
italiani, o aventi lo status di emigrato, residenti all’estero che
rientrano temporaneamente sul territorio nazionale e regolato dall’ art.
19, legge 23.12.1978, n°833, Art. 2 Comma II, del Decreto Sanità-Tesoro
del 01.02.1996, è comunque limitato a prestazioni sanitarie urgenti per
un periodo massimo di novanta giorni continuativi nell’anno solare da
parte del Servizio Sanitario Nazionale;
Ricordato che la prestazione viene erogata dalla Unità Sanitaria Locale
territorialmente competente in base alla temporanea dimora
dell’assistito;
l’Assemblea plenaria del CGIE
chiede
un intervento normativo atto a superare la discriminazione fra
“cittadini residenti in Italia” e “cittadini residenti all’estero”,
chiede in subordine che
la prestazione ora erogata e disciplinata venga estesa a 12 mesi l’anno.
Roma, 10 dicembre 2004
Non approvato per mancanza di numero legale
Il tutto in perfetta sintonia con i lavori della Commissione
Continentale Europa-Nord Africa di Casablanca e Lussemburgo, nei quali
identici Odg furono approvati all’unanimità.
Pareva logico attendersi che, in un’Assemblea dove non si è parlato che
di “assegno sociale o di solidarietà”, dove la maggioranza non ha fatto
altro che lamentare i guasti sociali prodotti dai tagli dell’ultima
finanziaria, dove la demagogia ha regnato sovrana, tale Ordine del
giorno incontrasse le generali simpatie e che esso ricevesse una
massiccia adesione.
Il Consigliere Bucchino, di professione medico, ha tuonato dalla tribuna
contro l’approvazione dell’Ordine del Giorno, ed in questo validamente
sostenuto dalla brillante Silvana Mangione che vive negli Stati Uniti,
tanto che numerosi consiglieri non hanno partecipato alla votazione ed
esso, pur raccogliendo un numero di voti favorevoli superiore a quello
dei contrari, non è stato approvato per mancanza del numero legale, che,
guarda caso, è ricomparso a tutte le successive votazioni.
Appare evidente la diversa sensibilità che anima il Consigliere Bucchino,
eletto in un Paese, il Canada, dove la povertà praticamente non esiste e
l’assistenza sanitaria è efficiente e garantita ed una maggioranza di
sinistra, elitaria e radical-chic di funzionari e colletti bianchi, che
vivono l’emigrazione dall’altra parte della scrivania in Paesi
sviluppati, rispetto ad altri che, invece, sono confrontati
quotidianamente con i problemi e le difficoltà legate alla salute in
Paesi meno fortunati.
In tali Paesi l’Italia è l’ultima spiaggia per chi si infortuna, contrae
gravi infezioni, o che comunque deve ricorrere ad interventi
particolarmente delicati.
Nel non partecipare al voto questi consiglieri hanno posto gli italiani
“non residenti” di fronte a scelte difficili: guarire in 90 giorni,
morire, dare fondo ai risparmi accumulati in anni di sacrifici o, più
semplicemente, cancellarsi dall’Anagrafe Consolare e ritornare
“residente” nel proprio Comune di origine con tutte le altre implicanze
di ordine professionale, familiare e quant’altro.
Salvo naturalmente riportare successivamente di nuovo la residenza
effettiva all’estero, ecc.
Se non fosse tragico sarebbe un comico augurio di pronta guarigione.
Purtroppo sembra che la divisione politica del CGIE faccia perdere di
vista il fatto che alcuni problemi non sono di sinistra o di destra:
sono problemi e basta, vanno avviati a soluzione e devono ricevere
risposte.
Se non prevarrà questo spirito di azione unitaria, concreta e non
demagogica, se il CGIE non sarà capace di proporsi nella sua unità alle
istituzioni, un’altra occasione sarà perduta ed il suo prestigio forse
definitivamente dissipato.
A cosa serve il CGIE? Un interrogativo che sarebbe gravissimo lasciare
aleggiare, ma di cui sarebbe responsabile soltanto la sua incapacità di
proporsi come valido interlocutore.