Conferenza ICE sul made in Italy: dobbiamo preoccuparci? (28
febbraio 2005)
Il 26 Febbraio si è tenuta a Roma la Conferenza dell’Istituto per il
Commercio Estero: occasione di incontro tra gli imprenditori italiani
presenti nel mondo e le Istituzioni, per cercare di fare, insieme, il
punto della situazione.
Inutile ribadire che la situazione che si prospetta non è delle più
rosee: l’Italia continua a perdere competitività, negli ultimi dieci
anni siamo rimasti il Paese europeo con il più basso tasso di crescita,
e come se non bastasse l’invasione asiatica preoccupa a ragione la
nostra classe imprenditoriale. L’analisi del Vice Presidente di
Confindustria Alberto Bombassei è ben poco confortante nella sua
lucidità: "Il modello italiano non è più vincente come una volta:
qualcosa si è inceppato. Siamo in presenza di segni di preoccupante
debolezza: un trend questo che non è più congiunturale ma strutturale.
L’Italia ha perso peso a livello internazionale, ed è minacciata dalla
contraffazione".
D’altro canto, buona parte del Governo si mostra ottimista, e
considerando i problemi attuali come il risultato inevitabile di una
fase di transizione congiunturale si proclama fiducioso nel fatto che si
è nella giusta direzione.
Al di là dei legittimi tentativi di tenere il morale più in alto
possibile, è assolutamente condivisibile l’analisi dell’economista
Innocenzo Cipolletta: sia che si tratti di una situazione transitoria e
congiunturale, sia che si tratti del frutto di un problema strutturale
di più ampia portata, resta il dato di fatto che siamo rimasti indietro,
e che a prescindere dalla spiegazione che vogliamo dare a questa
circostanza ci troviamo nella necessità impellente di reagire con forza,
con determinazione, per evitare di restare schiacciati in una spirale al
ribasso che rischia di tagliarci fuori da un mercato ormai mondiale.
Il punto è ben centrato dal Ministro degli Esteri Gianfranco Fini, forse
il relatore in maggior sintonia con la platea, quando afferma: "La
situazione è delicata, ma non drammatica". E ancora: "Possiamo sottrarci
al confronto, chiudere le frontiere, ma è una scelta suicida perché i
nostri prodotti non avrebbero più sbocchi".
Il messaggio è chiaro: al di là delle previsioni sull’andamento futuro,
che dipendono inevitabilmente dalle idee e dalla sensibilità di
ciascuno, dobbiamo pensare ad agire nel migliore dei modi nel presente,
e di portare avanti un’azione coordinata per rimettere in moto una
macchina produttiva di cui non bisogna lasciar aggravare il
rallentamento.
Certo è vero quanto affermato dal Ministro delle Attività Produttive
Antonio Marzano, che "anche gli imprenditori devono fare la loro parte",
ma il Governo da parte sua non deve in ogni caso dimenticare
l’essenziale ruolo propulsivo che esso può giocare in questa difficile e
delicatissima fase della nostra storia economica. Non si vogliono
mettere in dubbio i meriti del Governo, che ha fatto importanti passi
sulla strada del maggior sostegno alla nostra piccola e media
imprenditoria, soprattutto con le misure, attuate ed in cantiere, sulla
competitività, nonché attraverso la creazione di uno sportello che
consentirà un’azione più rapida ed efficace di denuncia contro gli atti
di concorrenza sleale da parte delle imprese. Ma la strada è ancora
lunga, e gli interventi che possono, e devono, essere realizzati sono
ancora tanti, soprattutto per quanto riguarda le garanzie di rispetto
delle regole, l’internazionalizzazione delle produzioni e la promozione
nel mondo del Made in Italy, ancora eccessivamente affidata alla
creatività ed allo spirito d’iniziativa individuale.
Come ha fatto notare il Ministro Fini, con un paragone calzante:
"L’apertura dei mercati è come un’onda che solleva tutte le barche, ma
se è troppo forte, affonda le più piccole".
Allora, è giunto il momento di cominciare a rafforzare, insieme, la
nostra flotta, affinché possa resistere senza danni né perdite
all’impatto con questo cambiamento economico epocale che ci troviamo a
vivere da protagonisti.