Zapatero e "l'alleanza di civiltà": i rischi insiti nelle migliori
intenzioni (14 marzo 2005)
Si è concluso il vertice internazionale su "Democrazia, Terrorismo e
Sicurezza" tenutosi a Madrid in occasione del primo anniversario delle
stragi dell’11 Marzo. Il summit fortemente voluto dal premier spagnolo
Zapatero, si proponeva di elaborare un’Agenda contenente le linee guida
di "una strategia comune per affrontare ogni forma di terrorismo
attraverso mezzi democratici".
Lodevole iniziativa. Nella grande sfida del terzo millennio, lotta
contro il terrorismo ed il fondamentalismo, ogni contributo (anche
teorico) è importante, ed il vertice da poco conclusosi ha saputo
lanciare spunti di grande interesse.
Al Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan il compito di tirare le somme
dell’incontro nel suo intervento conclusivo. In sostanza, si propone il
lancio di una vera e propria strategia d’azione contro il terrorismo
basata su cinque punti fondamentali: dissuadere le frange estremiste
dalla scelta del terrorismo come tattica per raggiungere i loro
obiettivi; negare ai terroristi i mezzi d’azione; scoraggiare gli Stati
dal sostenere i terroristi; sviluppare a livello di Stato la capacità di
prevenire il terrorismo; difendere i diritti umani nella lotta contro il
terrorismo.
La proposta è ampiamente articolata, e non serve entrare nel dettaglio
per scorgerne i pregi: in primo luogo, è certamente importante la
condanna totale verso ogni forma di terrorismo in essa contenuta. Non
solo: rilevante è anche l’idea di non limitarsi ad ipotizzare interventi
specifici, ma di lanciare una strategia generale e di lungo periodo che
affronti il problema del terrorismo nella sua totalità, cercando di
andare oltre a quella ramificazione che è anche uno dei principali
ostacoli posti sulla strada di chi cerca di estirpare questo "asse del
male".
Malgrado i positivi elementi messi in luce, quanto emerso dalla
conferenza di Madrid rischia di alimentare anche una contraddizione di
fondo, capace potenzialmente di inficiare l’intero meccanismo
prefigurato, affascinante ma difficilmente concretizzabile. Ci riferiamo
in particolare al ruolo che la democrazia deve giocare nella lotta
contro ogni forma di terrorismo.
Senza alcun dubbio, la democrazia è e deve continuare ad essere il
tratto caratterizzante della civiltà occidentale, un valore fortemente
identitario che è anche la nostra più grande forza in questo delicato
momento storico.
Ma mentre questa democrazia, elemento che ci contraddistingue e di cui
ci facciamo vanto, deve essere la base di qualunque strategia ed azione
che si decida di portare avanti, il vertice ospitato da Zapatero sembra
volerla trasformare nel mezzo stesso dell’azione.
Concetto affascinante e sintomo di grande idealismo, ma la domanda,
inevitabile, è: come ? Perché al di là della retorica, pretendere di
usare la democrazia come mezzo d’azione non ci appare una proposta
concreta e capace di tradursi in realtà, salvo voler continuare a fare
quello che l’ONU ha fatto negli ultimi cinquant’anni. Molto poco, in
realtà, al di là di una dialettica prolissa e di un’abbondante
produzione di documenti.
Questo della grave mancanza di concretezza dell’incontro di Madrid è un
sospetto che ci viene confermato se dall’analisi generale della proposta
di "strategia democratica contro il terrorismo" passiamo a quella delle
nebulose linee di attuazione prefigurate per tale strategia. Si parla di
istituzione di gruppi di lavoro, adozione di Raccomandazioni, stipula di
Convenzioni: insomma, si continua ad accumulare carta. Si parla di
limitazione di accesso al nucleare, ma senza sfiorare l’argomento della
promozione e dello sviluppo di fonti alternative di energia.
Francamente, un approccio di questo tipo, per quanto lodevole nelle
intenzioni, non lascia grandi speranze sulle possibilità di emergere
dall’immobilismo che attanaglia l’ONU. Abbiamo l’impressione che
permanga un errore di fondo: l’idea che la democrazia sia una sorta di
panacea di tutti i mali, sufficiente già di per sé a sconfiggere la
minaccia del terrorismo.
Alla base di questo errore vi è in realtà la convinzione profonda del
primato del nostro modello democratico rispetto ad ogni altro, e quindi
l’ottimistica idea che il nostro trovarci nel "migliore dei mondi
possibili" sia già di per se la più grande delle garanzie. Ma la storia
ci insegna che nessuna civiltà è in assoluto perfetta, e che l’adagiarsi
sui risultati ottenuti contiene già i germi del declino: l’Impero Romano
fu schiacciato dalla sua ignavia nell’affrontare le orde barbariche che
premevano sui confini, e le pur civilissime Repubbliche marinare
italiane finirono anch’esse distrutte dall’oscurantismo.
Gli esempi di cui la storia è disseminata dovrebbero metterci in
guardia: guai se pensassimo di poter dormire sotto la coperta della
democrazia, sognando che essa ci possa proteggere per un suo qualche
intrinseco primato. Essa non rappresenta un mezzo di azione, ma un bene
prezioso da preservare e tutelare con strategie concrete e strumenti
efficaci: è condizione necessaria, ma non sufficiente per la vittoria di
questa titanica sfida che ci troviamo di fronte.
Speriamo che questo sia ben chiaro a chi parla di "strategia
democratica", e che linee di azione efficaci vadano presto ad affiancare
quell’ideale di democrazia che è giustamente il nostro vanto, ma che
senza un adeguato supporto rischia di diventare null’altro che
l’ennesima civiltà surclassata ed estinta. Ed a quel punto anche a tutti
noi, relitti di un’altra epoca, resterebbe davvero ben poco da fare.