Interventi

Giovanni Paolo II: in morte come in vita un esempio per tutti (6 aprile 2005)

Roma vede in questi giorni una moltitudine immensa di fedeli, pellegrini, gente comune che si addensa sempre più, di ora in ora, attorno a quel centro di gravità che è diventata la Basilica di S. Pietro dopo la morte di Karol Wojtyla.
Ancora una volta e fino all’ultimo, questo Papa Grande ha saputo stupire i governanti della terra, raccogliendo i frutti di quell’amore che ha sempre dato con generosità, senza mai risparmiarsi, anche a costo della salute ed infine della vita.
Una vita spesa in ampia parte, 26 lunghi anni di Pontificato, a guida di una Chiesa universale di cui è stato incrollabile punto di riferimento: senza cedimenti, con una forza di volontà che lo ha mantenuto saldo anche nei momenti difficili dell’attentato, della malattia, del progressivo indebolimento fisico. Un indebolimento che mai ha intaccato lo spirito; la mente sempre lucida, la fede sconfinata di un Papa che ha accettato con umiltà, ed offerto al suo Signore, la sofferenza degli anni, e a chi con semplicismo adombrava la "rinuncia" ha fatto capire : "Gesù non è sceso dalla sua croce, io non scenderò dalla mia".
Questa risposta semplice nella sua consequenzialità, squarcia da sola il velo dell’ipocrisia di tanti che si professano "credenti", e chiarisce che per poter dire "Io Credo", è necessario essere pronti all’abnegazione, a donare se stessi, al sacrificio e alla rinuncia, con cuore generoso.
Proprio la tenacia degli ultimi anni, ha mostrato al mondo la grandezza di quest’Uomo, ed ha trasformato un punto di riferimento Cattolico in modello di vita universale: esempio vivente per tutti, cristiani e non, di cosa sia la dignità, nella vita come nella morte.
Una morte affrontata davanti agli occhi del mondo come ogni Cristiano dovrebbe: non come la fine di tutto, ma come il momento culminante della vita, in cui lasciarsi finalmente andare, con serenità, all’abbraccio dell’Onnipotente, e contemplare così nell’eternità quel Motore Immobile" cui già Dante riconduceva l’armonia di tutte le cose.
Mai, prima di Giovanni Paolo II, un Papa era riuscito a conquistare così profondamente il cuore dei giovani, futuro della Chiesa e del mondo: le memorabili adunate oceaniche resteranno impresse nella memoria collettiva, e saranno difficilmente eguagliabili in futuro.
Enormi i passi avanti fatti sotto il suo Pontificato sul piano dell’Ecumenismo: dopo secoli di confronto serrato, l’umiltà con cui questo Papa ha riconosciuto gli errori del passato ha aperto una breccia, consentendo un riavvicinamento insperato, con l’occhio sempre rivolto a quell’ideale un po’ meno lontano della riunificazione delle Chiese Cristiane.
Ancor più ammirevole, l’impegno profuso nel dialogo interreligioso fin dai primi anni di Pontificato. Primo nella storia, Karol Wojtyla ha visitato la Sinagoga di Roma e, forse ancor più rivoluzionario ed inaspettato, la Moschea di Damasco, lanciando chiari segni di una volontà fortemente orientata all’incontro ed al confronto costruttivo con i rappresentanti delle altre religioni monoteiste: ebraismo ed islam. Tutto sempre in funzione della ricerca di quel bene supremo che è la pace, pensabile soltanto se raggiunta sulla base di un cammino coerente e del contributo prezioso di ogni Fede presente nel mondo.
Un dialogo che, nelle parole del Papa stesso: "non è cedimento all’errore; non è accettazione di un sincretismo religioso; non è tolleranza bonaria e superficiale. Il dialogo rispetta le coscienze; il dialogo riconosce i valori delle singole religioni; il dialogo soprattutto si impegna nella testimonianza personale in modo da influenzare spiritualmente e far sentire la nostalgia della vera ed unica Fede, voluta da Dio stesso". Non un appiattimento con cui mascherare la nostra pigrizia intellettuale dunque, ma un confronto sincero che nasce da un amore sconfinato, perché sorretto dalla fiducia che in esso è la chiave di ogni speranza, avendo radice direttamente in Dio.
Prima di ogni altro, Giovanni Paolo II ha compreso i pericoli insiti nella caduta delle ideologie e nel materialismo sfrenato, ha sapute prevedere il dramma delle derive fondamentaliste e dei nuovi estremismi, ed ha saputo dare una risposta forte ed allo stesso tempo coerente col proprio Ministero ai focolai di odio che già covavano sotto le macerie del muro di Berlino, e che l’ottimismo temporaneo e fragile del mondo intero aveva in parte celato.
Nell’opera di questo grande Pontefice, la modernità è stata compresa in tutta la sua importanza, e non è stata mai rifiutata con rassegnata chiusura: è stata invece resa strumento della Fede, e mai viceversa, con una capacità di conciliare apertura al mondo e difesa coerente e strenua dei Dogmi della Cristianità che non ha precedenti. L’aver saputo anticipare i tempi, guardando al di là anche del proprio secolo: ecco il merito più grande di Papa Wojtyla, che ha preparato il cammino della Chiesa di domani: un solco scavato nella roccia sul quale i suoi successori potranno guidarla con maggiore facilità.
Una lungimiranza che nasce dalla profonda convinzione di questo Pontefice che la Storia dell’uomo, con i suoi contrassegni di grazia e di peccato, di grandezza e di miseria, è assunta da Dio nel suo figlio Gesù Cristo e offre già qualche abbozzo del secolo futuro.
La preveggenza ha trasformato l’uomo in mito, già prima della morte, ed ancor più adesso: quel Seggio Vacante lascia nei nostri cuori un senso di vuoto che amplifica l’enormità del suo messaggio, e lo consegna alla Storia. L’ultimo atto di una vita che è stata soltanto amore sconfinato per il mondo intero: un "amen" sussurrato con gli occhi rivolti ad una finestra aperta sul cielo. La fine coerente di un cammino lungo e faticoso.
Un epilogo degno del Vicario di Cristo, che finalmente riposa nell’eternità e torna alla Casa del Padre. Le cui porte, ne siamo convinti, erano già da tempo state spalancate dal Signore per accogliere il suo servo più buono e fedele.

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