Sicilia: un ponte su due mondi per un nuovo sviluppo. Il ruolo
dell’informazione (9 maggio 2005)
Dopo intenso dibattito politico sugli esiti delle elezioni regionali e
la sconfitta del centro destra, eventi che vengono in gran parte
attribuiti alla scarsa sensibilità mostrata verso il Sud, il cui
elettorato ha voltato le spalle alla maggioranza di Governo, è nato il
nuovo "Governo Berlusconi".
È una lezione ed un insegnamento per chiunque pensi ad una sorta di
bacino elettorale stabilmente fedele ad una parte politica a prescindere
dai comportamenti. Il Meridione è un crogiuolo di valori, cultura,
tradizione che merita rispetto e che deve essere valorizzata. In questo
panorama complesso spicca per personalità e ricchezza la Sicilia, da
sempre terra di incontro, di integrazione e di scontro, uno splendido
amalgama delle più diverse civiltà e dominazioni presenti nei secoli nel
panorama mediterraneo. Chiunque ha voluto imporre la propria autorità
nel bacino ha cominciato con l’impadronirsi dell’isola che ha sempre
rappresentato una testa di ponte per la penetrazione commerciale,
militare ed ora di manodopera clandestina verso il continente per chi
proveniva da Sud, fenici, greci, saraceni, nord-africani.
Con l’unità d’Italia il declino dell’isola si è sempre più accentuato.
La visione continentale dei primi governi nazionali, anche quando essi
erano guidati da un illustre isolano, il desiderio di potenza di una
dinastia chiaramente poco indirizzata verso il mare, hanno pesantemente
influito sul declino strutturale della Sicilia. Anche la teorizzazione
dell’idea di grande portaerei lanciata sul Mediterraneo, di mussoliniana
memoria, non ha portato alcun visibile incremento alle infrastrutture,
mentre nel dopoguerra la politica delle cattedrali nel deserto ha
prodotto spesso soltanto inquinamento ed illusioni.
La suddivisione del Continente europeo alla fine della seconda guerra
mondiale in blocchi contrapposti con una visione politica e militare
prettamente continentale, la creazione di un asse privilegiato
franco-tedesco nell’ambito della comunità europea, il suo allargamento,
ormai compiuto, a 25 Stati ha provocato e rischiano di continuare a
provocare l’isolamento della Sicilia dalle grandi linee di traffico.
È tempo di reagire con determinazione e freddezza, con lucida coscienza
del ruolo di ponte fra Nord e Sud, fra Continenti disomogenei per
ricchezza e sviluppo, ma intrinsecamente legati da storia e cultura.
La Comunità europea, sia pure gradualmente, sembra ormai essere
pienamente consapevole del ruolo strategicamente essenziale del bacino
del Mediterraneo ed ha dato inizio ad una stagione di cooperazione: il
"Dialogo euro-arabo" nel 1973, il "Dialogo mediterraneo" nel 1995.
Quest’ultimo evento ha determinato una svolta nella politica
mediterranea con gli accordi "euromediterranei" volti alla creazione,
entro il 2010 di un’ampia zona di libero scambio, un grandioso progetto
politico, economico, commerciale, culturale e sociale che coinvolge i
Paesi del fronte Sud del bacino.
È un momento cruciale per cogliere le opportunità offerte dallo sviluppo
delle varie tappe nella realizzazione economica e strategica di un
programma incisivamente orientato a Sud, per esaminare con attenzione e
sensibilità le potenzialità espresse da una sempre maggiore interazione
fra la nostra economia e quelle nord-africane. E’ necessario uno sforzo
intellettuale di grande portata e visione per riorientare obiettivi,
scelte, linee di indirizzo culturale. L’attenzione tendenzialmente
rivolta verso Nord, dove si trasferiscono cervelli e braccia in cerca di
migliori condizioni di vita e di opportunità, deve concentrarsi sui
luoghi di origine, in Sicilia in particolare, e gradatamente
indirizzarsi verso Sud.
In campo istituzionale non sono mancate iniziative per creare condizioni
favorevoli alla realizzazione di un clima propizio ad una più armoniosa
azione di collaborazione: la conferenza Euro-mediterranea di Napoli, il
varo di una Fondazione Euro-mediterranea per il dialogo tra le culture e
le civiltà, la nascita di un’Assemblea parlamentare euro-mediterranea,
la proposta di ridefinizione del Fondo euro-mediterraneo di investimento
e partenariato, la rafforzata e sempre più intensa collaborazione anche
in campo militare sia su base bilaterale sia verso l’Alleanza Atlantica.
Tuttavia queste attività istituzionali contribuiscono ad eliminare
gradualmente le diffidenze residue dovute ad una contrapposizione
cinquantennale, alle difficoltà della politica di decolonizzazione, ma
non raggiungono l’obiettivo se non sono accompagnate da un radicale
cambiamento del modo di intendere i rapporti fra i popoli
nell’immaginario collettivo.
È quindi necessaria un’azione continua, pressante, convincente dei mezzi
di informazione perché il Sud riceva l’attenzione che esso merita e
perché la Sicilia, in particolare, si veda restituire il suo ruolo
naturale di frontiera aperta verso le sponde nord-africane. Una politica
sinceramente meridionale, da affiancare e se necessario contrapporre a
quella continentale che deriva, con l’aumento a 25 Paesi della Comunità
europea, verso Est, va sostenuta e valorizzata con uno sforzo convinto
dei mezzi di informazione, cui è richiesto un impegno straordinario per
questo mutamento epocale di visione ed indirizzo.
L’industrializzazione forzata ed importata ha prodotto spesso risultati
meschini: è giunto il momento di affrontare nuove prospettive, di
esaminarne le potenzialità, di individuare linee di azione concrete per
realizzare uno sviluppo sostenibile della Regione e nello stesso tempo
per costituire un valido strumento di cooperazione rivolto verso un
Continente, quello africano, che è ormai agonizzante e che soltanto una
iniziativa vera e non convenzionale potrà salvare.
Ed il pensiero corre ad un manufatto discusso e controverso e, come
spesso succede in Italia, additato all’approvazione o alla critica più
per convincimento ideologico che per motivazioni concrete, il Ponte
sullo Stretto di Messina. E’ una infrastruttura strategica per l’intero
Continente ed un’occasione irripetibile per lo sviluppo dell’intero
Meridione e della Sicilia in particolare. Un’opera di tale dimensioni
non potrà rimanere una cattedrale nel deserto, ma trascinerà nella sua
scia una evoluzione positiva dell’intero sistema socio-economico del
bacino mediterraneo, costituirà la molla che obbligherà l’intero sistema
Paese ad investire sulla crescita dell’economia meridionale, fornendole
quelle strutture che rinvii secolari le hanno sempre negato e che taluni
vorrebbero negarle ancora oggi.
La Sicilia ha la possibilità di tornare ad assumere quel ruolo di ponte
fra i Continenti che la Storia le ha attribuito nel passato. Il Ponte
sullo Stretto significa sistema ferroviario potenziato, alta velocità,
autostrade rese finalmente efficienti, infrastrutture turistiche, porti
turistici e commerciali. Un sogno? Può essere, ma un sogno, la cui
realizzazione potrebbe costituire un cambio veramente epocale del
destino di una Regione troppo a lungo trascurata, spesso disprezzata e
confusa con la delinquenza.
Il Ponte rappresenta un volano per l’intera economia meridionale, che
potrà così finalmente riscuotere, attraverso lo sforzo almeno decennale
di tutto un Paese, la restituzione di un credito secolare al fine di
eliminare le disuguaglianze territoriali. Esso è l’elemento
indispensabile per la costruzione dell’asse di comunicazione fra
l’Africa e l’Europa, un unico Continente solidale le cui diversissime
realtà trovano un punto di sintesi sulle sponde del Mediterraneo, lago
comune, fa della Sicilia un terminal economicamente vantaggioso per il
transito delle merci dirette all’Europa attraverso il Canale di Suez.
Nel 2010, come veniva più sopra ricordato, entreranno in vigore gli
accordi per la creazione dell’area di libero scambio euro-mediterraneo.
L’abolizione dei dazi e dei vincoli favorirà una politica di
investimento nei Paesi della sponda nord-africana al fine di creare
occupazione, sviluppo e ritorno economico. Per la sua fortunata
posizione geografica la Sicilia ha la possibilità di diventare centro
nevralgico degli scambi e della economia di un’area vastissima in via di
sviluppo, favorevolmente inserita nel quadro geo-politico della economia
europea.
La politica regionale e nazionale potrà avvalersi dell’azione svolta,
con dedizione e talvolta con spirito di sacrificio, da quel nucleo di
connazionali che negli ultimi decenni si sono attivamente e
proficuamente inseriti nei Paesi nord-africani, superando difficoltà
ambientali ed umane, meritandosi la stima ed il consenso delle
controparti grazie alla serietà, costanza ed impegno. Una "nuova"
emigrazione composta da ingegneri, tecnici, operai specializzati
impegnati alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali che
contribuiscono allo sviluppo di questi Paesi.
Un’azione capillare che ha portato a grandi risultati, ma che oggi deve
essere affiancata da una grande spinta "a monte": l’adozione da parte
dell’Italia, e la condivisione della Sicilia, di una politica realmente
meridionalistica tesa a coniugare investimenti massicci e sviluppo delle
potenzialità imprenditoriali nei settori turistici, agricoli, della
tecnologia di punta. Va certamente in questa direzione il recente
protocollo di intesa firmato con l’Università di Pittsburgh ed il
relativo Centro medico, una delle maggiori scuole degli Stati Uniti,
quinto complesso ospedaliero del modo per dimensioni, all’ avanguardia
nel settore dei trapianti.
Il Protocollo tende alla valorizzazione dell’Istituto mediterraneo dei
trapianti e terapia ad alta specializzazione di Palermo per fare della
Sicilia un polo di eccellenza nel campo della ricerca biotecnologica e
biomedica, di significativo impatto in tutto il Mediterraneo, anche
attraverso l’apertura di una sede distaccata dell’Università di
Pittsburgh nella facoltà di Medicina. Occorre ora mobilitare tutte le
capacità di pressione, della politica, dell’informazione, della cultura
perché venga finalmente restituita alla Sicilia la funzione che le è
propria, affinché l’Italia continentale prima e tutto il Continente poi
ne comprenda e sostenga l’azione.
L’informazione, in particolare, ha una responsabilità specifica nel
sostenere i grandi progetti, quelli da cui dipendono sviluppo e
occupazione, che coinvolgono la vita e le fortune di milioni di persone:
l’augurio è che il "quarto potere" sappia utilizzare con saggezza e
lungimiranza la sua grande autorità morale.