Il G-8 tende una mano all'Africa (17 giugno 2005)
Sabato scorso, a Londra, i Ministri dell’Economia e delle Finanze del
G-8 hanno raggiunto un accordo che può definirsi storico.
E’ un peccato vedere come il raggiungimento di simili traguardi non
venga mai sottolineato a sufficienza, passando quasi in sordina, come se
del G-8 si volesse evidenziare sempre e soltanto l’aspetto della
polemica, degli scontri di piazza (un ricordo su tutti: lo scempio di
Genova), della critica facile ed immancabile di qualche facinoroso che
conscio di essere minoranza si sente obbligato ad urlare la propria
opinabilissima fede ideologica pur di restare sotto i riflettori.
Ma il G-8 non è soltanto questo, per fortuna.
L’esempio più eclatante è sotto i nostri occhi: in un sol colpo, è stato
cancellato il debito multilaterale verso il Fondo Monetario
Internazionale e verso la Banca Mondiale di ben 14 Paesi dell’Africa e
di altri 4 dell’America Latina, per un totale di 40 miliardi di dollari.
Non si tratta di un’iniziativa isolata, di una irripetibile una tantum:
entro un anno il programma sarà esteso ad altri 20 Stati tra i più
poveri, per un totale di 55 miliardi di debiti azzerati.
Sono queste le notizie che ci rendono orgogliosi della nostra
appartenenza nazionale, tanto più che l’Italia, per il tramite del
Ministro dell’Economia Domenico Siniscalco, sarà punta di diamante di
questa nuova, e speriamo decisiva fase della cooperazione allo sviluppo,
coordinando uno specifico piano per l’acquisto accelerato di nuovi
vaccini da distribuire a cinque milioni di bambini del Terzo mondo.
La decisione presa sabato scorso dal G-8 rappresenta un passo senza
precedenti sulla strada della riduzione della povertà, che è in massima
parte sinonimo di Africa: non è un caso che i Paesi del Continente
africano rappresentano la stragrande maggioranza dei diretti beneficiari
del provvedimento. Il Cancelliere dello scacchiere britannico, Gordon
Brown, appare perfettamente consapevole del significato di una simile
scelta: “E’ finito il tempo della timidezza”, ha detto Brown, “ed è
giunto quello del coraggio”.
Un coraggio che per troppo tempo è mancato, e che oggi finalmente
comincia ad emergere, insieme alla consapevolezza che non vi può essere
pace e stabilità in un mondo dove 2/3 della popolazione rischia di
morire di fame, ed in cui un intero Continente potrebbe estinguersi da
un momento all’altro.
Il dramma che si consuma di fronte a noi, e che spesso continuiamo ad
ignorare, deve spronarci più che mai a moltiplicare gli sforzi,
ricordandoci che persino quest’ultimo passo, benché lodevole ed
essenziale, non è che una tappa lungo un cammino ancora irto di ostacoli,
e che dovrà portarci a raggiungere entro il 2015 gli obiettivi del
Millenium Development Goal dell’ONU, che tutti i Paesi del G-8 si sono
impegnati ad onorare in apertura del loro comunicato finale.
È un percorso lungo, che potrà significare 100 miliardi di dollari in
aiuti allo sviluppo entro il 2010, creazione di condizioni più eque nel
commercio internazionale affinché i Paesi poveri possano crescere con le
loro forze, un condono dei debiti che riguarda potenzialmente 66 Paesi.
Insomma, già soltanto da qui a Gleneagles, località scozzese dove a
Luglio si celebrerà il summit annuale del G-8, molto resta da fare.
Si tratta di un punto giustamente sottolineato dalle ONG, che nel
plaudire l’iniziativa chiedono però maggiori aiuti diretti ai Paesi in
via di sviluppo. Certamente questo traguardo non dovrà giustificare
successivi appiattimenti, e bene fanno le ONG a mantenere viva l’attenzione
sui troppi problemi ancora caldi. Ma allo stesso tempo, questo risultato
non è un punto di arrivo, ma un nuovo punto di partenza, e deve essere
d’esempio e di stimolo : per capire che, se c’è la volontà, si può fare
di meglio.
Rimbocchiamoci le maniche, dunque, perché l’idea che, prima di ogni
altra, emerge da questo G-8 è che l’approccio alla povertà dovrà
compiere un salto di qualità. Da oggi inizia la vera prova, e solo chi è
sempre stato in buona fede avrà la forza e la capacità di rimanere in
campo.