Live 8: un concerto particolare (4 luglio 2005)
Si è concluso da poche ore il “Live 8”: il grande concerto che, svoltosi
contemporaneamente in 10 diverse città del mondo, aspira a diventare un
mezzo di pressione della società civile sui Grandi del G8 che, tra pochi
giorni, si riuniranno in Scozia.
L’intento è nobile: chiedere l’aumento immediato, da parte dei Paesi
Occidentali, degli aiuti diretti a quei troppi Paesi del Terzo mondo che
ancora oggi rischiano l’estinzione per fame, miseria, malattie di ogni
genere.
Le premesse cominciano ad essere, dopo anni di immobilismo, promettenti:
nel corso dell’ultimo summit, in un sol colpo, è stato cancellato il
debito multilaterale verso il Fondo Monetario Internazionale e verso la
Banca Mondiale di ben 14 Paesi dell’Africa e di altri 4 dell’America
Latina, per un totale di 40 miliardi di dollari.
E’ un inizio che, per quanto importante, dovrà essere al più presto
seguito da iniziative che dimostrino, finalmente, una volontà concreta
di colmare quella voragine che ci separa dai nostri fratelli più
sfortunati, e che nel corso dei decenni è stata lasciata libera di
ampliarsi a dismisura, complici indifferenza e cinismo, fino ai limiti
della tragedia.
In questo contesto si inserisce il “Live 8”, che pur non essendo un
concerto di beneficenza dovrà riuscire nell’intento di sensibilizzare in
maniera sempre più ampia e capillare l’opinione pubblica mondiale della
necessità assoluta di agire concretamente, e di agire adesso, perché per
troppi bambini non c’è un domani.
Soprattutto, bisogna rendersi conto che quanto fatto finora non è che un
timido passo su di una strada lunga ed irta di ostacoli, che va percorsa
fino in fondo prima che sia troppo tardi.
Il programma di cancellazione del debito pubblico dovrà andare avanti, e
rispettare la scadenza di quest’anno per l’estensione del beneficio ad
altri 20 Stati tra i più poveri, per un totale di 55 miliardi di debiti
azzerati.
Gli obiettivi del Millenium Development Goal dell’ONU, che tutti i Paesi
del G-8 si sono impegnati ad onorare, sono ancora troppo lontani, e la
scadenza prevista del 2015 più vicina di quanto non possa apparire.
L’aumento degli aiuti diretti, se ci sarà la volontà politica di
attuarli senza ulteriori tentennamenti, potrà significare 100 miliardi
di dollari in aiuti allo sviluppo entro il 2010, creazione di condizioni
più eque nel commercio internazionale affinché i Paesi poveri possano
crescere con le loro forze, senza contare il condono dei debiti che
riguarda potenzialmente 66 Paesi.
In quest’ottica, anche un semplice concerto, come in fondo è il “Live
8”, può diventare un elemento importante nella lotta contro
l’indifferenza, che continua ad essere il più mortale nemico
dell’Africa. Ma tutto va contestualizzato, e guai a dimenticare la
visione d’insieme: al di fuori di un’azione ampia e ben strutturata,
anche il “Live 8” perderebbe senso, e sarebbe soltanto un’enorme
cattedrale nel deserto dell’immobilismo occidentale.
L’intera realtà della cooperazione allo sviluppo è in fermento, e
necessita di essere ripensata e riformata senza indugio per non ripetere
i drammatici errori del passato, e per impedire che lo sforzo economico
finisca disperso tra i mille rivoli della burocrazia.
Bene anche Gianfranco Fini, nella sua veste di Ministro degli Esteri,
che ha richiamato l’impegno dell’Italia per una politica più
equilibrata, e dunque non sbilanciata verso i Paesi dell’Est Europeo, ma
meglio orientata verso il suo sbocco naturale: il bacino del
Mediterraneo, e cioè la sponda sud, e cioè l’Africa. Questo ha detto
nella relazione d’apertura dei lavori dell’Assemblea Nazionale di AN,
che lo vedono rafforzato, in un indirizzo unitario, nella sua
leadership.
Dunque iniziamo tutti, ciascuno nel suo piccolo, a lavorare lungo un
percorso di cui è ancora presto per vedere la fine all’orizzonte, e come
diceva Rudyard Kipling spronando già all’epoca i suoi contemporanei: “Le
strade che non percorrerete, i ponti che non traverserete, andate:
costruiteli coi vostri vivi, e segnateli coi vostri morti”.
Con la speranza, unica incrollabile compagna di tanti uomini di buona
volontà, di poter vedere un giorno un intero, bellissimo Continente
risorgere dalle proprie ceneri come un’Araba Fenice.