Il dramma dei bambini dei Paesi africani: può fare qualcosa il CGIE? (3 agosto 2005)
Recenti notizie di stampa ci portano in questi giorni al cuore del
dramma che sconvolge molti Paesi africani: in Niger la vita di 800.000
bambini é a rischio, 250.000 sono malnutriti, 30.000 soffrono di
malnutrizione grave, che per la maggioranza di loro significa la morte
per fame.
In Zimbabwe uno spietato dittatore, prigioniero ormai del culto della
propria personalità, con l’assurda motivazione di ripulire le città,
distrugge interi sobborghi dove era consentita almeno una vita sia pure
miserabile a milioni di persone e condanna 220.000 bambini alla mancanza
di tutto, anche di un tetto di lamiera, dopo aver negato loro scuola,
cibo, acqua, assistenza, in definitiva la speranza di un futuro.
Le organizzazioni internazionali fanno quello che possono, fra mille
difficoltà burocratiche ed ostacoli frapposti da autorità corrotte ed
inefficienti, ma i loro sforzi non sono che un rivolo modesto e
certamente non sufficiente ad alimentare l’immenso fabbisogno di ogni
tipo di assistenza della maggioranza dei Paesi africani.
Appare sempre più indispensabile affrontare il problema dell’aiuto ai
Paesi africani in termini di efficacia, con l’obiettivo primario di
assicurare condizioni di sopravvivenza sostenibile in termini di
alimentazione, assistenza, educazione, scolarizzazione, per offrire
innanzi tutto una speranza di vita a popolazioni che al momento non
hanno altre prospettive per il loro futuro che la fuga.
Qualcuno ha detto: “Se una persona ha fame non dargli del pesce,
insegnagli a pescare”.
Nella sua semplicità è una prima parte di un efficace programma di aiuto
ed assistenza.
È poi necessario selezionare le aree di intervento, individuare i
fabbisogni, coordinare gli sforzi, anche a scapito di una perdita di
visibilità, per evitare dispersione di risorse.
Le Regioni si sono mosse molto e con investimenti notevoli, anche se
spesso il loro intervento è apparso scoordinato, frutto più di un
volontarismo entusiasta che di una programmazione scientifica e studiata
in profondità per fornire assistenza ai più bisognosi, in una
difficilissima e dolorosa graduatoria di merito.
È uno dei vasti capitoli della cooperazione non tanto allo sviluppo
quanto alla sopravvivenza, concepita come base su cui costruire, in
tempi più maturi, un solido processo di sviluppo.
È uno dei temi che la ormai prossima Conferenza Stato – Regioni e P.A. –
CGIE dovrebbe proporsi all’ordine del giorno per utilizzare al meglio
conoscenze ed esperienza degli italiani da tempo residenti in Africa,
per mettere a frutto la loro capacità imprenditoriale.
È un tema comunque che dovrà essere affrontato in termini realistici da
un Paese come il nostro, diventato ormai terra di frontiera e di approdo
per una vasta massa di diseredati, privati non solo di un futuro, ma
anche della speranza di averne uno.