Marcinelle, una tragedia da ricordare (4 agosto 2005)
Fra qualche giorno, l’8 agosto, ricorre l’anniversario della tragedia di
Marcinelle, l’evento che oggi, su iniziativa del Ministro per gli
Italiani nel Mondo, è simbolo del sacrificio e della sofferenza di tutti
gli emigranti.
Percorrendo la tranquilla pianura della Vallonia, interrotta dai canali
che collegavano un tempo i centri minerari, si intravedono le collinette
cresciute all’uscita dei pozzi delle miniere di carbone con i materiali
di scarto della produzione.
La polvere di quelle collinette è finita per decenni nei polmoni dei
minatori, ne ha compromesso la salute, messo a serio rischio la
sopravvivenza e la possibilità di continuare ad inviare le rimesse
necessarie alla vita delle famiglie lasciate in Patria.
L’emigrazione in Belgio fu il frutto di un odioso scambio fra essere
umani ed energia, sotto forma di quintali di carbone per ogni
lavoratore. Erano tempi in cui l’assistenza e la protezione della vita,
il conforto, erano affidati all’opera di qualche missionario ed alla
propria costituzione fisica, che ci si augurava robusta e psichicamente
matura.
L’augurio che accompagnava la durezza della vita del minatore era di
arrivare al decimo anno senza contrarre la silicosi, per avere almeno
diritto ad una miseria di liquidazione per fine lavoro.
Era infatti politica delle Società minerarie sottoporre ad esame fisico
i lavoratori allo scadere del nono anno, per cogliere, senza pietà,
l’opportunità di licenziare, in caso di silicosi, senza diritto a
benefici di carattere economico.
A questo proposito non posso non ricordare un libro emozionante ed
avvincente, scritto a quattro mani sui ricordi di un personaggio
straordinario, conosciuto di sfuggita e troppo brevemente a casa di un
amico comune.
Affascinava il modo di raccontare le vicende della sua vita, la dignità
e la forza che ispiravano il suo agire, l’incedere lento, sostenuto da
un bastone, che appariva inarrestabile.
Carmelo Sità era un minatore, 5 figli ed una moglie, licenziato perché
colpito da silicosi.
Nato solido pastore calabrese, emigrato per fuggire la miseria,
l’ingiustizia e la persecuzione, non si arrese, lottò, acquistò una
pecora, cominciò a venderne il latte, continuando la sua battaglia per
la vita fino a creare una solida azienda casearia e costruire una sicura
posizione per sé e la famiglia nei pressi di La Louvière.
Mantenne saldo il legame affettivo con l’amata Mammola, da cui aveva
portato una pianta di limone che custodiva nel suo giardino come se
fosse un tesoro prezioso, curò che figli e nipoti conservassero l’uso
della lingua italiana, ingioiellata qua e là da espressioni calabresi.
Erano uomini di questa tempra quelli che affrontavano il lavoro in
miniera, è questa l’immensa ricchezza umana che abbiamo portato nel
mondo ed in particolare in Belgio.
Allo stesso modo, con ammirazione ed affetto, ricordo la partenza,
qualche volta il ritorno, spesso i racconti dei miei compaesani
Abruzzesi, impegnati all’estero, ma portatori ovunque di solida
dirittura morale, grande volontà di operare, grande senso dell’Amicizia.
A tutti loro, per ricordarne i sacrifici e le sofferenze, per
condividere la nostalgia, nell’avvicinarsi dell’anniversario di
Marcinelle, vorrei far giungere in qualità di Presidente della
Confederazione delle Associazioni Abruzzesi nel Mondo, un abbraccio
fraterno ed amichevole.