La carestia alle porte: una tragedia annunciata ed evitabile (9 novembre 2005)
Gli infiniti travagli di un Continente che sembra non avere pace
continuano a colpire implacabili, spesso tra gli strati più indifesi ed
innocenti di una popolazione stremata ed inerme.
Una nuova emergenza alimentare sta per aggredire la parte meridionale
del Continente africano. Ne saranno vittime tutti i Paesi della regione,
ad eccezione del Sudafrica.
Le prime avvisaglie della tragedia hanno già toccato il Malawi. Nel
distretto di Nsanje il prefetto, Toby Solomony, rilascia dichiarazioni
che non presagiscono nulla di buono: “non so da quanto tempo non piove”,
dice Solomony, “e ora c’è anche una crisi di acqua potabile”.
Quello che sta per abbattersi su questo travagliato Sud del mondo è
l’ennesimo cataclisma. Forse la più grave crisi alimentare che l’Africa
abbia mai dovuto sopportare, complice quello stesso cambiamento
climatica che provoca cicloni nel Golfo del Messico, nonché cause
endogene non meno gravi. Lo Zimbabwe sconta le deliranti scelte
politiche di Robert Mugabe; l’Angola investe in agricoltura solo lo 0,6%
del suo bilancio; il Mozambico è enorme e privo di vie di comunicazione;
il giovane re dello Swaziland ha regalato una BMW ad ognuna delle sue
mogli, per un totale di 18 milioni di dollari sperperati, mentre il 42%
del suo popolo muore di AIDS.
Le previsioni sono già catastrofiche: “forse 9 milioni di esseri umani,
forse di più resteranno senza cibo”, spiega Henri Josserand, dirigente
della FAO. Un altro Darfur, un altro Niger.
Le cifre sono semplici nella loro agghiacciante chiarezza: nel solo
Malawi, 5 milioni di abitanti su un totale di 11 milioni rischiano di
morire di fame. Per evitare il disastro, al Malawi servirebbero 3,4
milioni di tonnellate di mais l’anno, mentre si appresta a produrne
1,25: il risultato più misero dell’ultimo decennio.
Ma a differenza delle crisi precedenti, la nuova emergenza non sta per
scoppiare all’improvviso, ignorata fino all’ultimo: questa volta, alla
FAO l’allarme è stato dato per tempo, già a Giugno è stato pubblicato un
rapporto che indicava l’imminente scarsità di cibo, e a Luglio Kofi
Annan ha inviato una lettera a tutti i capi di Stato per informarli
dell’imminente crisi alimentare africana.
A fine Agosto, è stato infine inviato un appello urgente a tutti i
Governi per un’ “immediata necessità umanitaria”. Nonostante questo,
duole constatare che l’Occidente “civile” e “sviluppato” sembra sempre
più spesso imboccare la comoda strada dell’indifferenza e del silenzio,
abbandonando al suo destino un intero Continente che rischia di morire
schiacciato da un peso troppo grande da affrontare. Il mercato globale
della tragedia assomiglia a quello del petrolio: saturo di domanda e
sempre più scarso di offerta.
Intanto, il numero di bambini ricoverati per malnutrizione è aumentato,
a Settembre, del 100% rispetto all’anno precedente.
Serve forse qualcos’altro da dire ? Serve forse dilungarsi, dopo che
tutte le sedi istituzionali sono state debitamente informate ai più alti
livelli, nel cercare di riassumere in poche righe ciò che probabilmente
è la crisi umanitaria più grave che oggi sta affrontando il mondo?
Speravamo non fosse necessario, e che le dovute misure dovessero essere
l’automatica conseguenza delle tragiche notizie giunte dall’Africa.
Purtroppo, almeno fino ad ora, non è stato così. Ed il tempo è ormai
giunto agli sgoccioli.
“Mi rifiuto di parlare di Niger”, afferma Lola Castro, funzionaria del
WFP in Malawi. Ed il suo ottimismo ci sembra simile a quello di
Cambronne morituro mentre un’accozzaglia di giovani, non più esercito
del grande Napoleone, si avviavano al loro destino nella piana di
Waterloo.
Ma del resto, la sua ostinazione nel credere che il dramma sarà evitato
è comprensibile: dopotutto è da Marzo che il mondo, o chi aveva orecchie
per intendere, sa di un’emergenza imminente nell’Africa sub-Sahariana.