ONU: riflessioni ulteriori (16 novembre 2005)
Ha suscitato numerose reazioni il mio recente articolo sull’Assemblea
della FAO tenutasi a Roma in occasione del sessantesimo anniversario di
questa Organizzazione.
Alcune sono state positive, mentre altre, come è normale che accada ogni
volta che ci si cimenta in articoli d’opinione, hanno espresso un solo
parziale apprezzamento o comunque diverse criticità nei confronti di
quanto da me scritto.
A prescindere dal diverso contenuto dei singoli interventi, è già motivo
di grande soddisfazione vedere l’interesse con cui tante persone si
siano avvicinate a tematiche troppo spesso ignorate, perché considerate
distanti e irrilevanti nella nostra piccola, ed oggettivamente un po’
egoista, realtà dorata. Tale interesse suscita speranza, perché è il
sintomo di una volontà di cambiamento nel miglioramento, nella lotta a
quella disarmante miseria che attanaglia buona parte del mondo, che non
potrà non portare, passo dopo passo, a sempre migliori risultati
concreti.
Senza fare riferimento a nessuno in particolare tra gli spunti di
riflessione, numerosi e tutti interessantissimi, vorrei precisare meglio
alcuni dei punti già da me sollevati, al fine di evitare qualsiasi
possibile fraintendimento.
In primo luogo, non era mia intenzione provocare alcun genere di
confusione tra la FAO o qualsiasi altra Agenzia dell’ONU e l’Occidente
con le sue responsabilità. E’ chiaro che stiamo parlando di cose
diverse, ed è altrettanto chiaro che il continuo lavoro delle Agenzie
ONU, tanto sul campo che indirettamente tramite la sensibilizzazione
dell’opinione pubblica, non si può paragonare a quello che purtroppo
appare, al riguardo, come il sonno perenne ed imperturbabile del
“civile” mondo occidentale.
Pur tuttavia, non si può tacere il fatto che la FAO, sebbene espressione
di una varietà di Stati che va ben al di là del gruppo ristretto dei
Paesi Occidentali e che danno il loro contributo, ciascuno nel proprio
piccolo, all’andamento dell’Organizzazione, dipende in massima parte,
per il suo funzionamento, dai contributi allo sviluppo concessi dagli
Stati del Nord del Mondo. E ciò vale per molte altre Organizzazioni
Internazionali.
Il concetto che volevo far passare, addossando all’Occidente le
responsabilità dei fallimenti che in più di 50 si sono susseguiti senza
sosta nell’ambito degli aiuti allo sviluppo, è che quando una qualsiasi
Organizzazione, sia pure internazionale e quindi formalmente super
partes, deve la sua stessa esistenza ai finanziamenti di un ben preciso
gruppo di Stati, certe distinzioni tendono a diventare alquanto sottili.
In secondo luogo, lamentare una situazione di immobilismo è cosa ben
diversa dall’attribuire colpe di alcun genere. Certamente, non è colpa
della FAO se la fame nel mondo non ha fatto che aumentare
esponenzialmente negli ultimi 60 anni: ci mancherebbe altro!
Tuttavia, bisogna ammettere che, vuoi per intrinseca inefficienza, vuoi
per circostanze esterne non controllabili, non è stato fatto molto per
cercare di estirpare il problema alla radice.
Io non attribuisco alla FAO nessuna colpa per ciò che è stato, ma mi
rammarico a pensare come avrebbe potuto essere diverso se la FAO e le
Nazioni Unite avessero funzionato meglio. Il mio articolo non va letto
come un atto di accusa, perché non era questa la mia intenzione: con
questo articolo, come con tutti gli altri pubblicati a cadenza più o
meno regolare, ho voluto soltanto smuovere le acque, e suscitare
interesse, critiche, idee nuove per affrontare i problemi di sempre, in
un mondo in cui l’indifferenza più totale sembra farla da padrone. Ben
vengano i meriti delle Nazioni Unite. Ben vengano i meriti della FAO. Ma
perché sederci sugli allori di successi limitati e poco concludenti?
Meglio, anche se più doloroso, evidenziare i punti deboli e cercare di
lavorare su quelli. Con la passione di sempre che caratterizza tanti
funzionari, tanti diplomatici, tanti operatori della società civile,
innamorati di un lavoro che prima di tutto è una missione, che lavorano
in silenzio e che vanno avanti incuranti dell’insuccesso ed animati
dalla speranza di veder sorgere da queste ceneri un mondo migliore, come
un’araba fenice.
A tutte queste persone, singolarmente prese, va il mio plauso e la mia
stima, come già sottolineato nel precedente articolo. Ma se mi si chiede
una valutazione complessiva dell’Organizzazione in quanto tale, per
onestà intellettuale devo dire che francamente vedo distorsioni che
andrebbero sanate senza indugio, e successi limitatissimi e secondari
che non giustificano le enormi risorse messe in ballo.
Certamente, non è colpa dell’ONU se in gran parte dei Paesi del mondo
vigono ancora regimi sanguinari, dominio di dittatori spietati e
criminali. Tuttavia, come spiegare che l’80% dei fondi per la
cooperazione lasciano i Paesi cui sono destinati entro 6 mesi sotto
forma di fuga di capitali ? Chi da modo ad élites corrotte e senza
scrupoli di arricchirsi sulla pelle di bambini che ogni giorno muoiono
di fame, consegnando loro assegni in bianco nella puerile speranza che
vengano saggiamente usati ? Al di là della necessità di confrontarsi con
i Governi dei Paesi in cui si opera, perché si dà a tali Governi più
credito di quanto sarebbe strettamente necessario ? Era proprio
necessario offrire il palco a personaggi come Mugabe o Chavez, per
celebrare i 60 anni di un’Organizzazione che dovrebbe volerli banditi
dalla scena pubblica ?
Sono tante domande, a cui cerco ancora una risposta, e che mi piacerebbe
non dovermi porre.
Entro dicembre, come ampiamente sottolineato anche in altra sede, sembra
che una delle più devastanti carestie degli ultimi anni si stia per
abbattere sul Continente Africano. Le avvisaglie c’erano già da mesi:
saremo capaci, e mi rivolgo a tutti quanti, dall’ONU al singolo
operatore passando per i Governi nazionali, di intervenire
tempestivamente ed efficacemente in soccorso dei nostri fratelli, invece
che versare lacrime da coccodrilli?
Sono d’accordo con quanti affermano che è stupido spendere miliardi in
armamenti e guerre. Ma non dimentichiamo che è altrettanto stupido
assuefarsi alla pace imposta dalla legge del più forte, e limitarsi a
fare buon viso a cattivo gioco.
Quale può essere la soluzione ? Difficile a dirsi. Spero soltanto che
questo confronto di idee non resti isolato. Perché dove nasce interesse,
attenzione e voglia di trovare nuove strade, tra persone che mirano con
onestà intellettuale e buona fede allo stesso obiettivo, pur su strade
diverse, non possono che prodursi frutti duraturi e risultati concreti.