Parliamo dell'assistenza sanitaria: le conquiste si fanno a piccoli
passi (6 marzo
2006)
È sorprendente scoprire che i programmi proposti dai candidati che
corrono per coalizioni e partiti divisi da aspre polemiche sono
sostanzialmente simili.
La sorpresa si stempera quando si riflette sul fatto che le
problematiche affrontate dai programmi sono la somma di aspettative che
si sono accumulate nel corso degli ultimi cinquant’anni.
Hanno quindi riferimenti essenzialmente pratici e concreti le richieste
che i diversi candidati propongono per l’approvazione all’elettorato ed
ogni ricerca di differenziazione su base ideologica non trova adeguata
corrispondenza.
Sembrerebbe razionale quindi chiedersi perché ci sia tanta acrimonia fra
i diversi schieramenti che ricercano il voto degli Italiani all’estero
quando gli obiettivi concreti perseguiti appaiono in gran parte comuni e
non si ricerchi invece l’unità della rappresentanza.
Sembrerebbe razionale, appunto.
Il problema di fondo è che questa campagna elettorale, di cui anche il
voto degli Italiani all’estero è l’obiettivo, non è razionale, essa non
solletica l’intelligenza, non incoraggia la voglia di partecipare, di
suggerire, di farsi coinvolgere, di scegliere con fiducia il candidato
ritenuto più onesto, capace, volonteroso, preparato.
Essa è stata trasformata dalla sinistra, anche nelle circoscrizioni
estero, in un plebiscito pro o contro il governo in carica, o meglio pro
o contro l’attuale Presidente del Consiglio, nell’illusoria presunzione
che cambiandolo tutti i problemi troveranno una soluzione.
In questa violenta contrapposizione, soprattutto verbale e personale, le
preoccupazioni degli Italiani all’estero, appaiono sfuocate e lontane: i
consolati non funzioneranno meglio, il mondo non comincerà a parlare
italiano, i pensionati non navigheranno improvvisamente nell’oro
qualunque coalizione riporti il successo.
Nessuna speranza quindi di portare a soluzione i problemi?
La speranza c’è e può diventare certezza se alla base della scelta degli
elettori non ci sarà l’acquiescenza verso la demagogia della coalizione
della sinistra, apparentemente unita, divisa invece nella sostanza su
quasi tutti i problemi, capace di proporre libri dei sogni e non
programmi, ma una scelta responsabile e meditata basata non sulla
tessera di appartenenza del candidato, ma sulla sua capacità di operare,
la determinazione, la volontà, lo spirito di servizio verso le comunità.
Fra i molti problemi che devono trovare, dopo anni di attesa, il
doveroso avvio verso una soluzione ve ne sono alcuni che non richiedono
grandi risorse, ma solo volontà e sono indicativi di uno stato d’animo
verso i connazionali all’estero.
Pochi sanno, ad esempio, che i connazionali residenti in Paesi che non
fanno parte della Unione europea hanno diritto all’assistenza sanitaria
per un periodo massimo di 90 giorni all’anno nel corso delle loro visite
in Italia, trascorsi i quali dovranno far fronte personalmente ad ogni
ulteriore spesa.
Risulta difficile pensare che ci siano frotte di connazionali che dai
vari Paesi del mondo non aspettano altro che venire a farsi ricoverare
nel nostro Paese. E’ presumibile quindi ritenere che l’abrogazione di
questa norma non costituirebbe un aggravio di spesa eccessivamente
oneroso per le casse dello Stato, ma sarebbe una indicazione di tendenza
ed un segnale di attenzione nei confronti dei connazionali residenti
all’estero.
Candidato alla elezione alla Camera dei Deputati mi pare logico
prospettare l’abolizione di ogni limitazione temporale al diritto
dell’assistenza sanitaria, un diritto primario del cittadino, al fine di
eliminare una odiosa discriminazione fra italiani, già proposta con un
ordine del giorno nel Consiglio Generale degli Italiani all’estero ma
respinta dalla maggioranza di sinistra del Consiglio stesso nella
sessione invernale del 2005 ed approvata finalmente con qualche
esitazione in quella successiva, nella convinzione che i diritti si
acquisiscono anche iniziando con piccoli passi, indicativi tuttavia di
un mutamento di atteggiamento verso una comunità, i connazionali
all’estero, rimasta per troppo tempo senza voce.
Per farlo è sufficiente la volontà di chi li rappresenta e non la
tessera e l’appartenenza ad un partito.