Il mio viaggio in Tunisia (27 marzo 2006)
Ho compiuto una doverosa visita alla collettività italiana in Tunisia,
che vive un momento di difficoltà nella dialettica associativa non
trovando il suo punto di naturale convergenza: il Comites.
Questi organismi elettivi o rappresentativi delle associazioni che da
più tempo hanno coagulato sentimenti, aspettative, esigenze hanno
talvolta suscitato critiche perché ritenuti inadeguati a soddisfare le
attese dei connazionali e perché il loro funzionamento non sempre
risponde a criteri di conduzione democratica.
Tuttavia non vi è dubbio che il lungo cammino percorso dai Comites, la
loro riforma, ha avvicinato le comunità rappresentate ad una corretta
visione di vita democratica e ad una maggiore partecipazione alle
vicende nazionali.
Essi in definitiva hanno rappresentato e rappresentano il momento più
alto di confronto e di sintesi dell’associazionismo locale.
La comunità italiana in Tunisia dovrebbe compiere ogni sforzo perché
questo organismo di sintesi dialettica ritrovi nuova linfa e partecipi
attivamente, con la forza delle proprie idee, iniziative ed esperienze,
allo sforzo per valorizzare il contributo che già altri connazionali,
sparsi a macchia di leopardo in Africa, stanno dando per fare emergere
le esigenze di una nuova emigrazione che sta sviluppandosi, senza
dimenticare le aspettative di quella che ha lasciato durevoli tracce nel
passato ed ha ora bisogno di sostegno ed, in alcune occasioni, di aiuto
ed assistenza.
Una realtà, quella italiana in Tunisia, che mi era nota per le non
dimenticate esperienze di Intercomites (Algeria – Marocco – Tunisia –
con interventi saltuari dell’Eritrea), ma che ritenevo utile aggiornare
e vivere in prima persona.
Ho incontrato esponenti della comunità nella sede dell’IMIT
(Associazione degli imprenditori italiani in Tunisia) recentemente e
lodevolmente costituita.
Sono stati esposti molti problemi, le cui soluzioni dovranno essere
ricercate e proposte con fermezza nel corso della prossima legislatura,
convincendo parlamentari e partiti della loro efficacia, individuando le
risorse, richiamando con forza l’attenzione sulla nuova realtà
rappresentata da uno sparuto gruppo di parlamentari eletti dagli
italiani all’estero, che dovranno ricordare con passione i meriti delle
comunità della diaspora, i sacrifici, le aspettative e, per molti, i
bisogni.
La salute, i giovani, gli anziani, la cultura, l’imprenditoria, la rete
consolare, le tematiche squisitamente locali: è emerso un lungo cahier
de doléance che bisognerà affrontare con raziocinio, stabilendo priorità
e predisponendo soluzioni efficaci, non demagogiche, idonee a convincere
e coinvolgere anche gli indifferenti.
E non saranno soltanto gli indifferenti a dover essere coinvolti:
dovranno essere forzati ad uscire dalle loro nicchie anche quei
rappresentanti degli italiani all’estero che, eletti nell’ambito di
designazioni partitiche, non faranno altro che osservare le logiche
delle segreterie nazionali ed “obbedir tacendo”.
Come era da attendersi molte sono state le critiche anche sul piano
puramente ideologico: una corretta e pacata dialettica politica è
l’essenza di una società democratica e libera.
Tuttavia non è mancata convergenza sul riconoscimento dell’impegno
personale dell’On. Tremaglia e della sua battaglia spesso solitaria per
la concessione del voto in loco agli italiani all’estero, cui sono stato
associato per la determinazione nel sostegno delle aspettative dei
connazionali.
Un soggiorno sicuramente proficuo, ampiamente gratificante : un
incoraggiamento ad un maggiore e più consapevole impegno nella difesa
della italianità, ovunque nel mondo.