Le maglie deboli della convivenza civile (31 marzo 2006)
Un problema delicatissimo, che si propone ormai con frequenza, è
quello delle coppie miste.
I flussi migratori sempre più intensi producono l’infittirsi di
relazioni che si concludono con matrimoni o con convivenze.
Molte di queste unioni non conoscono problemi e fortunatamente per gli
attori esse non sollevano problemi di natura giuridica e soprattutto
umana.
Altre invece sono destinate a sciogliersi, le differenze culturali e
religiose pongono spesso con il tempo problemi quasi impossibili da
risolvere, le conseguenze sono penose sia per gli adulti che per i
minori che ne sono il frutto.
A mio avviso occorre rafforzare lo sforzo preventivo nello spiegare la
cultura dell’altro, perché troppo spesso l’amore non basta a tenere in
piedi una unione quando l’identità culturale e religiosa dell’altro è
soverchiante e la donna è il soggetto debole.
In molti Paesi la legislazione familiare non offre alcuna protezione
alle mogli separate. Queste donne già vittime di una rottura dei
rapporti, che spesso avviene in clima di aspra contesa, si ritrovano in
un ambiente ostile, senza trovare spazi di inserimento nel tessuto
sociale, perché in quel mondo anche la donna divorziata, locale, viene
sovente accantonata dalla sua stessa famiglia di origine.
E’ quindi evidente che la permanenza per una straniera diventa
impossibile : l’affidamento dei figli è concesso al padre dalla maggior
parte delle loro legislazioni familiari, la visita stessa ai figli è
spesso impedita.
Ed anche quando l’affidamento avviene sulla base della legislazione
italiana, diventa difficile ottenere non solo che l’altra parte
contribuisca nella giusta misura alla educazione ed al mantenimento dei
figli ma anche che siano loro riconosciuti i benefici previsti dal
codice civile, ad esempio in caso di eredità.
Ecco dunque che la tutela dei connazionali più deboli appare una
priorità assoluta, con particolare riguardo alle maglie fragili di ogni
contratto di convivenza, a donne e minori nelle unioni miste.
Innanzi tutto deve essere fornita l’assistenza legale, in maniera da
poter sfruttare anche in quei Paesi in cui la legislazione è più
restrittiva nei confronti delle donne le piccolissime aperture che essa
offre, un’assistenza economica continuativa e completa poiché spesso la
donna con la separazione perde ogni risorsa economica.
Infine si deve pensare a qualche forma di copertura sociale, ad
utilizzare ogni possibilità di lavoro sia pure in contesti difficili con
appropriati provvedimenti di formazione professionale adattata alla
situazione al fine di rendere la donna professionalmente indipendente (
per inciso, a proposito di formazione professionale c’è da chiedersi
come mai in questa campagna elettorale è completamente scomparso
l’impegno per la formazione professionale dei connazionali residenti in
Paesi non appartenenti alla UE).
In definitiva questo ultimo provvedimento deve rientrare in un complesso
di misure per restituire ai Consolati la loro centralità nella piena
assistenza ai connazionali, soprattutto in quei Paesi in cui la
legislazione familiare appare più lontana da quella nazionale.
Unitamente all’assistenza alle donne in condizioni disagiate per effetto
di una separazione non va dimenticata la penosa situazione in cui si
trovano i bambini, sottratti spesso ad uno dei genitori e che crescono
in condizioni psicologiche di fragilità ed in un costante conflitto di
appartenenza fra le due diverse civiltà di genitori separati.
I consolati in queste situazioni diventano un elemento basilare nel
cercare di ristabilire una corretta applicazione delle leggi
nell’interesse del minore, per difenderne un regolare sviluppo morale,
etico ed educativo.
Coppie miste, donne e minori sono certamente maglie deboli di una
società prodotta dalla globalizzazion e non devono essere lasciate senza
assistenza e sostegno; occorrono quindi due cose:
1) una corretta informazione preventiva sulla cultura dell’altro e sulle
leggi del suo Paese
2) un aiuto legale e psicologico dopo.