I miracoli dell'Unione ovvero la conversione del candidato Marco Fedi (3 aprile 2006)
In questi ultimi giorni di campagna elettorale il candidato Marco
Fedi de “L’Unione – Prodi” ha avuto una improvvisa illuminazione.
Ha scoperto, dopo lunga riflessione, che per essere credibile non poteva
essere sufficiente zappettare l’orticello del suo cortile, ma che
probabilmente era opportuno tentare di rivolgere lo sguardo oltre la
siepe del suo giardino.
Si è guardato intorno ed ha scoperto che nella Ripartizione estero in
cui è stato candidato sono compresi altri due Continenti, l’Asia e
l’Africa, dove sono presenti Comunità italiane, vivaci e partecipi,
animate da una sincera volontà di contribuire con l’apporto del loro
pensiero e delle loro esperienze a questo evento cui sono interessate
per la prima volta, la possibilità di esprimersi in loco per la elezione
delle rappresentanze parlamentari.
Nasce così una nota diffusa alla fine di marzo in cui, dopo una ovvia
dichiarazione di laicità (e chi non lo è?), fa stato della convinta
partecipazione emotiva e spirituale all’azione meritoria e profondamente
umanitaria dei missionari, cui va la sua profonda riconoscenza (e ci
mancherebbe che non ci fosse).
C’è allora da domandarsi perché non ha ritenuto di distinguere la sua
posizione da quella di aperta condanna che tutta la compagine della
sinistra ritenne opportuno di dover adottare quando il Ministro
Tremaglia valutò doveroso rendere un pubblico e solenne omaggio a tutti
i missionari, alla loro opera silenziosa e continua, alla loro presenza
fra i diseredati, organizzando un apposito convegno?
Non si è sentita da parte sua alcuna voce di dissonanza.
Il coraggio è una dote di cui si fa volentieri a meno quando la meta
ambita è uno scranno parlamentare “dove posare le chiappe”, secondo una
espressione cara al suo compagno di cordata Randazzo, anche se esso
dovesse comunque essere sistemato nel sottoscala di una segreteria di
partito.
La folgorazione della scoperta dei missionari è pari all’improvvisa
attenzione dedicata al Nord Africa: mi domando dove aveva la testa Marco
Fedi, che di fede doveva averne veramente poca, quando bocciò d’impeto
l’ordine del giorno relativo alla proposta di estensione dell’assistenza
medica ai connazionali residenti all’estero per tutta la durata della
temporanea permanenza in Italia o ancora in riferimento ad una reale
cooperazione fra Nord e Sud del mondo, o ancora, ancora, tante altre
ancora…
Dove era quando nel continente africano venivano massacrati innocenti
frati trappisti, colpevoli solo di essere presenti con la loro fede, a
chi manifestava la sua simpatia? In quei giorni forse neppure sapeva che
esisteva un Nord-Africa, e, anche se lo sapeva, che interesse potevano
avere quattro povere vite di umili frati?
Esprime la sua ammirazione per la loro opera continua e non episodica.
Forse questo concetto andrebbe chiarito da parte del candidato Fedi,
funzionario di Patronato.
L’assistenza fornita agli indigenti è opera meritoria, ma essa diventa
dedizione e spirito di sacrificio quando viene assicurata con il
volontariato, quando questo diventa un impegno decennale, e tende a
salvare vite umane, in particolare di bambini, da gravissime
imperfezioni congenite non curabili in strutture fatiscenti e non
adeguate, quando cerca di avviare allo studio, in settori particolari e
sensibili, come agraria, decine di studenti di Paesi in via di sviluppo.
Il difficile non è trovare continuità al desiderio di fornire assistenza
ai meno fortunati o ai bisognosi, il difficile è trovare le risorse
necessarie, quando esse non possono essere attinte a fondi parapubblici
o pubblici.
Salvare un bambino è una gioia senza limiti quando per farlo si è
bussato a tutte le porte, quando è stato risvegliato quel sentimento di
solidarietà e di umana comprensione che spinge sia a fornire
gratuitamente la propria opera che le risorse necessarie.
Non è attività episodica, se essa dura da trent’anni.
Nella stragrande maggioranza dei Paesi africani ci sono comunità
italiane, che contano anche persone bisognose, non hanno Patronati, che
sono istituzioni da Paesi ricchi e sviluppati.
Sono Paesi di volontariato, Paesi di missionari.
Ecco perché essi hanno la nostra comprensione ed affetto.
Da sempre, non da una vigilia elettorale.