Interventi

CGIE: ricominciamo a lavorare (9 maggio 2006)

Passato il tornado delle elezioni (ed in attesa della sentenza del TAR) si ricomincia a parlare di CGIE.
Ha suscitato interesse l’articolo di Nardi e le sue previsioni sul futuro posizionamento dei parlamentari eletti dagli italiani all’estero e sulla necessaria riforma dell’organismo rappresentativo.
Appare prematuro, per il momento, immaginare l’atteggiamento che vorranno tenere i neo eletti: rimane l’augurio che essi ricordino la loro origine ed acconsentano a prendere parte ai lavori del CGIE con attenzione e soprattutto con la volontà di dare risposte concrete ai problemi che saranno proposti (e/o riproposti), evitando le comparsate cui ci avevano abituato i loro predecessori.
Le proposte di riforma del Consiglio appaiono invece meritevoli di un’attenzione immediata e di approfondimento.
L’idea avanzata pacatamente da Nardi di accorpare le aree continentali in insiemi omogenei è senza dubbio meritevole di un’analisi accurata.
Sembrano esservi pochi dubbi che Sud Africa e Australia abbiano poco in comune fra loro e con il Canadà, e che l’appartenenza del Nord Africa all’insieme delle problematiche del continente africano trovi adeguate giustificazioni.
L’intera organizzazione va rivisitata per tenere conto della legge elettorale, della Circoscrizione estero e delle ripartizioni territoriali, della presenza italiana nel mondo.
La funzione stessa del CGIE deve essere riesaminata poiché esso dovrà essere capace di adeguarsi non solo ad una funzione di consulenza ma anche a convertirsi in un convogliatore a due vie di idee e proposte.
Per questa ragione va data attenzione alla funzione rappresentativa dei Consiglieri: le grandi comunità storiche sono adeguatamente presenti nel Parlamento con la voce di deputati e senatori, il continente africano ha una striminzita partecipazione solo nel CGIE, con due estremi, il Nord ed il Sud, mentre sono completamente assenti il cuore dell’Africa e l’immenso continente asiatico, le cui economie, notoriamente in espansione, non fanno che richiamare risorse umane ad alta specializzazione.
Dei loro problemi non si sa molto, per la grande variabilità e mobilità della presenza. Tuttavia anche questi connazionali meritano l’attenzione diretta degli organismi elettivi deputati a dare voce agli italiani all’estero.
Si è brevemente accennato solo ad alcuni dei problemi che si ritiene doveroso sollevare per accrescere la capacità rappresentativa del CGIE e fornire un utile strumento di consulenza alla rappresentanza parlamentare e di diffusione capillare del suo operato.
Si tratta ora di ricominciare a lavorare, mettendo insieme idee, esperienze, volontà: l’augurio è che l’attività del Consiglio sia nel prossimo futuro concreta, meno conflittuale, più disponibile ad un confronto maturo e sereno.

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