Interventi

CGIE: tentativo di omicidio o suicidio? (13 dicembre 2006)

Continuo a pensare che il CGIE sia un organismo insostituibile per raccogliere, analizzare, canalizzare, strutturare le aspettative e le richieste delle comunità dei connazionali all’estero.
Il miserando spettacolo cui abbiamo assistito nel corso dell’ultima assemblea plenaria ha infranto qualche ulteriore illusione ed ha probabilmente riempito di gioia coloro che da tempo sostengono che il CGIE debba essere abolito perché superfluo e costoso.
Altre persone, in altre sedi, hanno ripetutamente manifestato l’auspicio di vedere ridimensionato o meglio eliminato un organismo autonomo, rappresentativo delle comunità all’estero, che pure nel passato aveva saputo pungolare l’azione del Governo (a prescindere dal colore) e denunciarne le manchevolezze.
Ed ecco che per raggiungere l’obiettivo si spartiscono tutti i posti del Comitato di Presidenza, in modo tale da poter decidere senza contraddittorio gli ordini del giorno ed indirizzare in maniera eterodiretta i lavori dell’Assemblea.
Non si è mai visto in democrazia che un organismo di coordinamento dei lavori di un’assemblea elettiva composta per due terzi di una maggioranza e per un terzo di una minoranza sia privo della voce di quest’ultima.
Ebbene è successo nel CGIE, che è diventato l’organo rappresentativo più monocratico della Repubblica.
I partiti politici della maggioranza sono pesantemente intervenuti nella spartizione delle poltrone, applicando senza pudore un manuale Cencelli adattato alla circostanza, cogliendo anche l’esigenza di offrire visibilità a candidati bocciati nelle passate elezioni ed in cerca di un rilancio e ad altri pronti al grande balzo.
Il futuro del CGIE ora si presenta a fosche tinte: la più disastrosa delle ipotesi è che si avvii al suicidio al grido di “Muoia Sansone con tutti i Filistei” e che così si condanni alla paralisi un organismo che ha ben operato nel passato e che, adeguatamente riformato, ha la opportunità di sviluppare ancora benefiche iniziative per le comunità nazionali all’estero.
Per evitarlo venga data una chiara indicazione del ruolo che viene prefigurato in futuro per il CGIE e sia esercitata una opportuna azione a sostegno di una partecipazione della minoranza in seno al Comitato di Presidenza.
Resto convinto, come già ebbi modo di dichiarare, che il CGIE debba servire da spinta per trovare idee e forze per creare nuova economia per l’Italia.
Perciò la conduzione del Consiglio deve essere apartitica, di confronto, anche duro, ma sempre confronto.
Il giudizio finale (relativamente ai lavori elettivi) resta positivo nella misura in cui chi oggi guida il CGIE saprà esprimere e incoraggiare una illuminata riflessione e una pacata analisi.
Voglio ancora illudermi che la maggioranza sappia e voglia apportare immediatamente i giusti fondamentali correttivi esplicitandoli fin dai prossimi lavori, vuoi Continentali vuoi Assembleari: certamente è questa la sola condizione che potrà consentire il mio costruttivo apporto a questo Organismo.

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