Interventi

Pensare al futuro: intorno al CGIE ma non solo (11 gennaio 2007)

Non vi è nulla di peggio dell’inazione e della consapevolezza di non essere in grado di agire per la realizzazione delle proprie idee, per la positiva conclusione di progetti condivisi.
La contrapposizione feroce che ha devastato il CGIE, la elezione allo scranno di Segretario Generale del Consiglio di un funzionario di un partito nel quale la tendenza all’obbedienza alla direttive della segreteria nazionale, almeno nei funzionari di medio livello, è un imperativo ereditario, ha certamente influenzato in maniera negativa ogni volontà di cooperazione.
La minoranza all’interno del CGIE, irresponsabilmente privata di una corretta rappresentanza in seno al Comitato di Presidenza, sta reagendo in maniera dura, ricorrendo ad ogni possibile strumento legale e regolamentare.
È certamente legittimo lottare e resistere contro prepotenza ed arroganza, ma con la consapevolezza che la situazione attuale è degradata, che in democrazia la legge dei numeri è sovrana e può trascinare ad uno scempio della rappresentanza quando non é accompagnata da intelligenza e buon senso.
L’elitismo dell’attuale maggioranza non ricerca il confronto delle idee e delle opinioni, nella convinzione che le proprie sono talmente esatte da non aver bisogno di essere né confrontate né corrette.
Chiedere a Brenno o agli epigoni di un partito, che solo di recente è uscito da una spirale totalitaria, spirito democratico è non soltanto un errore, ma un atto di stupidità.
“Vae victis” è l’unica espressione politica in cui essi sembrano riconoscersi.
Ed è da questo che bisogna ripartire con lo sguardo proiettato al futuro: l’esigenza di non essere più dei vinti.
Per realizzare questo disegno sono necessari unità di intenti, programma condiviso, pianificazione attenta delle iniziative, leadership riconosciuta ed autorevole, professionalità e risorse.
Sembra che sia stata compresa la follia commessa nel presentarsi separati alla scorsa consultazione elettorale: ma non è sufficiente.
L’astensione dei connazionali all’estero in qualsiasi consultazione elettorale cui finora sono stati chiamati appare ancora esageratamente elevata, il tributo pagato al voto di scambio esercitato verso professionisti della politica, variamente presenti nel mondo della emigrazione, è oneroso.
Il dilettantismo non paga, i bacini elettorali non sono stati sufficientemente esplorati dai rappresentanti locali delle diverse liste del centro destra che si sono presentate alle elezioni, le manifestazioni di affetto verso alcuni meritevoli personaggi sono state interpretate come adesione ad un programma politico, molti risultati elettorali sono apparsi ridicolmente modesti.
È dunque necessario un cambio di passo ed una seria riflessione: le scampagnate all’estero dei rappresentanti di partito sono inadeguate alla riconquista, perché di questo si tratta, del consenso.
E’ indispensabile un’azione pressante e continua, capillare, per ottenere il massimo coinvolgimento: l’isteresi nella comunicazione, l’atteggiamento apertamente critico dei media internazionali e di quelli italiani pubblicati all’estero verso il governo Berlusconi, hanno pesantemente influito sulla campagna elettorale.
Il coinvolgimento è essenziale, ma l’iniziativa non può essere troppo tardiva: è ormai tempo di agire, di costituire un gruppo di lavoro capace di strutturare ed organizzare una campagna elettorale permanente, da utilizzare sia per le elezioni dei Comites che, in prospettiva, per le prossime consultazioni referendarie e politiche, guidato da una personalità di spicco della coalizione.
La inefficienza di un governo incapace di decidere, l’improvvisazione di molti ministri, il costante ricatto dell’ala oltranzista della coalizione di centro sinistra, la solitudine in politica estera di un governo che non ha più referenti neppure in Europa, preso a schiaffi anche dal Primo Ministro irakeno, di un governo che ha fatto solo danno all’Italia senza risolvere alcun problema, ma aggravando quelli esistenti, devono essere costantemente illustrati alle comunità all’estero.
Visto l’andazzo che ha preso l’avvio della nuova direzione di RAI International non ci si può aspettare una conduzione bipartisan della Rete.
È necessario quindi uno sforzo veramente eccezionale da parte della coalizione per riuscire a raddrizzare una situazione gravemente deteriorata.
Appare anche opportuno coinvolgere il mondo giovanile all’estero, ricercare alcuni di quei giovani così ricchi di entusiasmo e di volontà, che hanno espresso problemi, desideri, aspettative nella Assemblea plenaria del CGIE di dicembre 2006, ed indurli ad impegnarsi per coinvolgere i coetanei e farsi le ossa nella politica nazionale.
In definitiva è giusto resistere all’interno di questo CGIE, ma soprattutto è indispensabile intraprendere ogni iniziativa possibile per essere vincenti nel prossimo.

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