Segretario generale, se ci sei, batti un colpo... (26 gennaio 2007)
Un nuovo, recente periodico ha iniziato uno studio sulle legislazioni
che, nei diversi Paesi, regolano i rapporti dei propri connazionali
emigrati con la Madrepatria ed individuano le istituzioni per soddisfare
le esigenze di rappresentanza e protezione delle comunità all’estero, di
ascolto, di proposizione.
È indubbiamente una iniziativa benemerita, poiché nulla appare più
sciocco che inventare l’acqua fresca.
Nel momento in cui si parla a gran voce della esigenza di riformare il
CGIE, di modificarne la legge istitutiva, il confronto con soluzioni
adottate in altri Paesi può rivelarsi utile ed istruttivo.
In un recente seminario della Consulta Nazionale della Emigrazione la
dottoressa Garavini ha tenuto una brillante e documentata conferenza,
dall'eloquente titolo "Politiche regionali per l’emigrazione -
Un’analisi comparativa delle Consulte" in cui venivano accuratamente e
dettagliamene indicate le iniziative delle diverse Regioni nei confronti
dei propri emigrati all’estero, un’indagine che avrebbe dovuto
richiamare attenzione e riflessione da parte del CGIE.
Sono ormai due anni che tale organismo, lungi dall’assolvere il proprio
compito istitutivo, ha prima "ammirato" la ricerca di visibilità dei
candidati alle elezioni legislative, poi atteso la soluzione del
problema determinato dalla nota sentenza del TAR, con la stasi di ogni
iniziativa, proseguita con l’attesa del rinnovo delle cariche :
risoltosi con l’ormai altrettanto noto scempio di ogni apertura
democratica all’interno del CdP verso la componente minoritaria del
Consiglio, trasformandolo in una struttura monocratica, illiberale e non
rappresentativa delle associazioni della emigrazione che fanno
riferimento a valori che si richiamano all’autonomia, alla moderazione e
ad ideali cristiano-liberali.
Il CGIE, in forza della legislazione tuttora vigente “l’organismo di
rappresentanza delle comunità italiane all’estero”, dovrebbe essere una
fucina di pensiero, una palestra di idee, esprimere un fermento di
opinioni, esigere una messe di informazioni costante e puntuale.
Si assiste invece ad un fiorire di iniziative, dei Ministeri, delle
Regioni, dei Comuni, delle Camere di Commercio, delle organizzazioni
industriali, dell’ICE e chi più ne ha più ne metta, nell’indifferenza,
nel disinteresse, nell’apatia dell’organismo deputato per legge a
promuovere ed agevolare lo sviluppo delle condizioni di vita, rafforzare
i collegamenti delle comunità all’estero con la vita politica,
culturale, economica e sociale dell’Italia, ecc., ecc.
Il CGIE sembra ormai convergere su una univoca attività : quella della
VI^ Commissione.
La paralisi del CGIE è infatti totale, le Commissioni tematiche non
ricevono input, indagini da svolgere, progetti da sviluppare; difficile
apparire, in queste condizioni, come “il momento più alto del confronto
con l’esterno, della presentazione e della motivazione della proposta”
citando le parole del Segretario Generale.
Sembrano così trovare una ragione le periodiche polemiche che non
riconoscono la opportunità di mantenere in vita un organismo come il
CGIE.
Esso invece continua ad apparire uno strumento indispensabile, ma è
necessario saperlo far funzionare.
Il curriculum dell’attuale Segretario Generale indica un personaggio di
cappa e spada, ricco di iniziativa, un organizzatore capace di mietere
un successo dopo l’altro.
La sua inerzia stupisce, l’assenza di una spinta propulsiva meraviglia,
la difficoltà a coordinare un organismo complesso e variegato sorprende.
Ha sorpreso gli avversari, un po’ meno forse coloro che lo conoscevano
più profondamente e che gli hanno fatto mancare il proprio appoggio
nelle votazioni per l’incarico di Segretario Generale.
È un mandato che richiede impegno, capacità, autonomia, dialogo,
determinazione ed iniziativa: l’augurio è che esso sia stato assunto con
consapevolezza e per rafforzare il CGIE e non soltanto per ricoprire un
posto in una tabella con altri fini.
In definitiva, Segretario Generale, se ci sei batti un colpo.