CGIE: giro di boa? (22 febbraio 2007)
La composizione del Consiglio generale degli Italiani all’estero ha
messo in luce uno squilibrio che si può definire storico nella sua
struttura, con un orientamento tradizionalmente e fortemente sbilanciato
verso una componente ideologica contigua alla sinistra.
Nei primi anni di attività tale situazione non ha sollevato eccessivi
problemi o difficoltà nello svolgimento dei lavori e soprattutto
nell’insieme delle relazioni all’interno dell’organismo rappresentativo
degli Italiani all’estero poiché l’entusiasmo partecipativo e la
consapevolezza, o forse l’illusione, di interpretare una forte soluzione
di continuità nel tradizionale disinteresse del mondo politico italiano
verso i connazionali residenti all’estero attutiva le divergenze di
natura ideologica nella prospettiva di un lavoro ancora embrionale, ma
condiviso, a beneficio delle comunità.
Il contesto ha subito modifiche nel corso del tempo, vuoi per l’ingresso
di personaggi di maggiore caratura ideologica e rilevanza politica, vuoi
per gli appetiti sollevati dall’avvicinarsi delle consultazioni
politiche, che hanno accresciuto il livello dello scontro dialettico e
personale, allontanando nel contempo la ricerca non urlata ma paziente e
pacata di soluzioni condivise.
Le ambizioni personali ed il condizionamento politico hanno fortemente
influenzato i lavori del Consiglio che per vari motivi hanno subito una
stasi di circa due anni, alimentando un’atmosfera fortemente critica
sulla validità e l’utilità di uno strumento rappresentativo quale il
CGIE.
Lo squilibrio storico citato all’inizio è stato ampiamente “digerito” e
riconosciuto dalla componente associativa autonoma e di ispirazione
cristiano liberale, memore del pregevole lavoro comune svolto nel
passato, mentre la controparte è sembrata in preda ad una sorta di
schizofrenia del potere, accaparrando ogni poltrona disponibile, in
particolare nell’organismo di coordinamento del CGIE, schiacciando ogni
possibilità di dissenso e soprattutto di confronto.
Per questo motivo ha suscitato stupore una azione inattesa: la
diffusione erga omnes dell’elaborato della III Commissione e della
lettera inviata dal Segretario Generale al Consigliere Della Nebbia.
Quest’ultima è ricca di citazioni della legge istitutiva ed è un peccato
veniale se dimentica che soltanto la prassi consolidata, ma non la
legge, ha consentito di allargare i campi di interesse delle Commissioni
continentali.
Essa sembrerebbe indicare l’intenzione di valorizzare, finalmente, il
lavoro delle Commissioni tematiche, restituendo loro la veste di organi
di studio e proposta, a beneficio dell’Assemblea plenaria.
Tale indirizzo costituisce una fondamentale modifica della metodologia
di lavoro, più concreta e fautrice di soluzioni condivise poiché frutto
di un confronto approfondito, equilibrato e maturo.
Da tale impostazione delle attività deriva anche la valorizzazione del
prodotto delle Commissioni tematiche, ora mortificato da alcuni minuti
di esposizione del Presidente e raramente seguito da discussione e da
apporti di esperienze e sensibilità diverse provenienti da altri
Consiglieri.
Il confronto nelle Commissioni tematiche è continuo, talvolta aspro, ma
sempre propositivo.
Lo stesso atteggiamento, un dibattito aperto, corretto, duro se
necessario, dovrebbe essere presente anche nell’organismo di
coordinamento dell’attività CGIE, il Comitato di Presidenza, nel quale
pure dovrebbero essere presenti i Presidenti delle Commissioni
Tematiche.
Gli sviluppi di queste ultime ore sembrerebbero indicare l’intenzione
del Segretario Generale di portare la barca del CGIE ad un giro di boa:
l’augurio è che esso sia accompagnato da un salto di vento, foriero,
come in una regata partita male, di un riequilibrio delle posizioni.